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Architettura

Storia di un architetto (quasi) per caso

Roberto Marcatti, architetto di fama, orgogliosamente milanese, ma oggi salentino d’adozione part-time, Marcatti si laurea nel 1984 al Politecnico di Milano. Il suo nome figura subito tra i 4903 iscritti all’albo.

Gli ultimi raggi di un sole invernale si attaccano come artigli alle pareti di pietra del cortile. Attraverso le ampie vetrate del loft sembra quasi di assistere ad uno spettacolo di ombre giapponesi. Nel tepore della stufa, le ombre esterne riescono a miscelarsi a quelle interne. È in quest’atmosfera che intratteniamo quella che ci si preannuncia come una tra le conversazioni più stimolanti raccontate su Design&Interni Magazine: quella con Roberto Marcatti.

Architetto di fama, orgogliosamente milanese, ma oggi salentino d’adozione part-time, Marcatti si laurea nel 1984 al Politecnico di Milano. Il suo nome figura subito tra i 4903 iscritti all’albo. Tra i primi figuravano nientemeno che i maestri che hanno cambiato il volto del design e della storia dell’architettura in Italia. Lui stesso tiene però a precisare che si tratta di un cambio di rotta del destino, fortemente indirizzato dalla famiglia. Fare il disc jockey era il suo sogno: “Ma quando mi è toccato decidere cosa volessi fare della mia vita e dissi ai miei genitori che volevo fare il disc jockey, mi risposero secchi che non era un lavoro vero”. Le prime linee però le tirava già a diciassette anni nello studio del padre, progettista e costruttore, a cui si rivolse, per dei lavori, Aldo Cibic al suo primo incarico di Memphis per conto di Sottsass Associati. Il giovane Roberto chiese di poterli seguire personalmente e da lì iniziò a scrivere la sua storia. Una storia che passa da due personaggi leggendari del mondo della moda che lui ricorda con vivo fervore: Giorgio Armani e Elio Fiorucci. Se di Re Giorgio elogia il rigore estremo richiesto nella progettazione di ogni spazio firmato Armani, “era come tornare all’università’’ ricorda, di Fiorucci ammira, anche nostalgicamente, il genio. Dal commerciale all’estetico: un puro visionario.

Roberto Marcatti, architetto.

“Ma quando mi è toccato decidere cosa volessi fare della mia vita e dissi ai miei genitori che volevo fare il disc jockey, mi risposero secchi che non era un lavoro vero”

Ma ad un certo punto si staglia il Salento all’orizzonte della sua vita, dove Marcatti e Concari (Cintya, la sua compagna di vita e socia) arrivarono per la prima volta nel 2005. Niki Vendola durante la sua campagna elettorale aveva più volte usato come leva, la tutela dell’acqua. Ed è così che il castello di Acaya, proprio per volere della coppia, diventa per sette mesi un museo con “L’acqua in mostra”. Progetto reso possibile grazie all’apertura di un’associazione no profit in Salento. Nei tempi della loro vita in cui amano definirsi “castellani’’, si dedicarono aformare direttamente dei tutor pronti ad accogliere le scolaresche. Fu un successo. Da tempo Cintya meditava l’acquisto di una casa in un posto lontano dal tran tran  milanese. Ed è così che tra una pausa e l’altra, la coppia si innamora di un edificio diroccato, un ex tabacchificio a Zollino, che trasformano in una meravigliosa guest housedove tornare una volta al mese. Salvaguardandone la bellezza e le sue prerogative, la coppia ha compiuto un vero e proprio restauro conservativo. Da qui si inizia il capitolo salentino della storia di Roberto Marcatti, scritto ovviamente a quattro mani con Cintya Concari, come curatori di mostre. Dopo il successo della mostra dello scorso anno su Gio Ponti in occasione dei Mercatini del Gusto a Maglie, la coppia quest’anno, ha puntato su Tobia Scarpa. Architetto non particolarmente avvezzo alle mostre, in molti, a Milano, si chiedono come mai Scarpa abbia scelto proprio di concedersi a Marcatti e Concari in Salento. Ma non è tutto. La coppia è seriamente intenzionata a chiudere la triade dei migliori architetti italiani del Novecento. Sarà Renzo Piano il prossimo?

Portare nel nostro Salento un po’ di Milano e della sua cultura del design e dell’architettura è una grande svolta filosofica e non solo. In questi mesi on the road per le strade del tacco d’Italia, alla scoperta di designers e di architetti, a muso duro possiamo dire di aver trovato diffidenza, distacco e un pizzico di presunzione da parte degli addetti ai lavori. Il Salento per quanto bello e magico rimane legato ad una mentalità di isolani che faticano ad accettare gli stranieri e in questo caso, gli stranieri non sono solo Roberto Marcatti e Cintya Concari, ma anche noi di Design&Interni Magazine. Ma proprio per questo andremo ancora a chiacchierare con Roberto e Cintya per rubare a loro, l’arte della cooperazione che nel Salento, fatica a diffondersi.


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